Nel secondo dopoguerra scomparvero rapidamente dal cortile della distilleria le enormi cataste di legna che venivano usate per alimentare il fuoco necessario alla distillazione. Da allora l’alambicco venne migliorato con l’apporto di una caldaia a vapore alimentata a nafta. I caricatori elettrici sostituirono il faticoso trasporto a spalla della vinaccia ed i trattori subentrarono rapidamente ad asini e cavalli.
Il mondo cambiava rapidamente ma Domenico, che assieme alla mamma Giovanna e alla moglie Anna conduceva ora l’azienda, non volle discostarsi dalla tradizione e mantenne inalterato l’antico metodo di distillazione.
Affidò a due esperti artigiani battirame di Conegliano, Zanbenedetti e Nogarol, il compito di ammodernare l’impianto, mantenendo però la “filosofia” dell’alambicco discontinuo. Si limitò infatti a trasformare le caldaie di estrazione passando dall’impiego del fuoco diretto al fuoco indiretto e sostituì la colonna di distillazione adottando quella brevettata dai due artigiani. L’alambicco così realizzato nei primi anni 60 è quello ancora attualmente in funzione.
Siamo passati dal mondo delle stalle a quello dell’informatica ed è davvero sorprendente che, in mezzo a questi mutamenti epocali, un pezzo della nostra storia sia rimasto praticamente immutato.Con uno sberleffo al modernismo, gli antichi e mai sopiti saperi ci ricordano con discrezione di essere latori di una sapienza capace ancora di ottenere ottimi risultati.